LE NOSTRE RECENSIONI


Incontro con l'autore... Jennifer Egan




Milano, 17 marzo 2018

Autore: Jennifer Egan

Libro: Manhattan beach
Editore: Mondadori

Carissimi Colorlettori, abbiamo incontrato per voi una delle voci più importanti della letteratura contemporanea: Jennifer Egan, premio Pulitzer 2011 con “Il tempo è un bastardo” e autrice di diversi romanzi di successo come “La figlia dei fiori”, “Guardami”, “La fortezza”.



L’incipiente equinozio di primavera ha accolto Jennifer a Milano con una grigia giornata uggiosa, in una zona ricca di espressioni dell’architettura Liberty di inizio Novecento. Elementi famigliari nel suo nuovo romanzo, particolari che ci permettono di varcare la soglia di “Manhattan beach” sufficientemente acclimatati con la New York nel periodo che va dalla Grande Depressione alla Seconda Guerra Mondiale. Sono diversi i protagonisti del romanzo, nodi di un intreccio tessuto con gli ambienti della Marina Militare, del sindacato portuale, delle potenti gang criminali che erano fiorite nel terreno fertile del proibizionismo. Anna Kerrigan, mite dodicenne ma già con le prime avvisaglie della maturazione di un carattere fortemente volitivo, accompagna il padre Eddie a casa di Dexter Styles, un uomo potente che trae la sua fortuna dall’economia “dell’ombra”, un’emissione uguale per dimensioni e potenza a quella ufficiale, della “luce”. Anna non lo sa, ma questo incontro sarà determinante per le sorti sue, del padre, della sua famiglia e, in un certo senso, anche per Dexter Styles. Con un salto temporale di alcuni anni, veniamo trasferiti negli anni della guerra. Il padre di Anna è scomparso da tempo, mentre lei raggiunge un obiettivo cercato con una volontà ferrea: diventa palombara della Marina Militare, un incarico in un ambiente totalmente maschile e fortemente maschilista. E’ la guerra a creare il terreno ideale per nuove prospettive di vita e professionali per le donne, dato che la forza maschile viene sempre più dirottata verso l’azione vera e propria, lasciando parecchi vuoti da riempire per le donne con più spirito di intraprendenza.

Ma come dicevo prima, il destino continua a tessere la sua tela ed i protagonisti dell’episodio sopra menzionato torneranno ad intrecciare le loro vite con una serie di coincidenze rivelatrici di un disegno che nel romanzo si delinea completamente verso la fine. Ed il palcoscenico di questa tragedia impersonata perfettamente da attori ignari del copione è costituito dall’acqua. Acqua che è presente in ogni pagina del libro, come elemento che crea, nutre, dà lavoro, perfino curativa quando la sua sola vista lenisce le sofferenze fisiche della sorella storpia di Anna, Lydia. Ma non è quasi mai acqua pura, azzurra, ma bensì il più delle volte nera, con onde instancabili che si abbattono sul litorale di Manhattan beach, “sporcato” di candida neve invernale. Un contrasto di chiaro e scuro, di bianco e nero, che crea un ambiente dalle mille tonalità di grigio, di luce ma anche di tante ombre. Una variabile tonalità di grigio che riveste gli scafi delle immense navi della grigia area portuale dell’East River, l’incolore Manhattan e le sue strade, vagamente ricordata da questa Milano che oggi accoglie Jennifer Egan. Ed è in questa massa grigio uniforme che si scorgono i colorati cuori pulsanti dei protagonisti, Anna, Eddie, Dexter, il palombaro nero Marle, il nostromo nigeriano della Elizabeth Seaman. Cuori che palpitano disperatamente attaccati alla vita, fedeli a se stessi fino all’ultimo, flebile, battito.  



Qui di seguito l’intervista, eseguita con i colleghi e le colleghe di pochi, fortunati, selezionati blog ammessi all’evento grazie ad Anna e Chiara , di Mondadori.

Ho letto che lei si è ispirata a grandi scrittori contemporanei, come Don De Lillo e David Forser Wallace. Ma tornando ai classici, cosa ne pensa di Francis S. Fitzgerald? Può essere stato fonte di ispirazione dato che, soprattutto nella prima parte del romanzo, si ritrovano le atmosfere, la caratterizzazione dei personaggi e soprattutto il loro modo di interagire con il lettore?

Spero fortemente che il suo lavoro possa fare parte del mio DNA letterario. Il grande Gatsby è uno dei libri più importanti della letteratura americana, perchè riesce a denucleare la psiche dell’America. Ed è esattamente quello che ho cercato di fare con questo libro. Non è stata una mia volontà quella di trasferire il messaggio di Fitzgerald nel mio libro, ma soprattutto una conseguenza dell’immensa mole di letteratura americana della prima metà del Novecento che ho letto come preparazione al romanzo.

Mi sono ritrovata nella protagonista del romanzo, Anna, soprattutto perchè desidera, e riesce ad ottenere, conquiste apparentemente totalmente al di fuori della portata di una donna in quel periodo ed in quel contesto. Qual è la sfida di raccontare un personaggio simile al giorno d’oggi e quanta parte di sè ha messo in Anna?

Grazie per essersi così impersonata in Anna, ma io quando scrivo cerco sempre di non scrivere mai di me, anche perchè credo di non essere in grado di farlo con completezza. cerco di mantenere sempre una separazione netta tra il mio personaggio e me, anche perchè provo un pò di paura in questo accostamento. La condizione di Anna non era assolutamente facile da affrontare nella sua situazione, perchè anche oggi abbiamo ancora certi problemi. Oggi, ad una donna, si cerca magari di impedire di ottenere certe posizioni ma non glielo si dice apertamente. E’ stata una buona occasione per raccontare una donna forte, coraggiosa, che in quel periodo andava contro le regole apertamente, tenendo però in considerazione che si trattava di un tempo di emergenza, di guerra, condizione che ha permesso di aggirare alcune regole.

L’acqua e le ombre sono stati elementi sempre presenti e fondamentali in questo libro, oppure sono maturati scrivendolo?

All’inizio i miei punti focali erano la seconda guerra mondiale e New York. Certamente tutti gli interessi erano collegati all’acqua, al mare, al porto. Ho così deciso di porre l’accento sulla parte portuale della città, non così rimarcata nella letteratura. Gradualmente l’acqua ha assunto una presenza sempre più importante, insieme alle ombre. In effetti, se devo pensare in che genere inserire il mio libro penserei soprattutto ad un noir, molto adatto a New York.

In quel periodo si vive l’affermarsi dell’America come superpotenza mondiale. Oggi considera ancora che l’America sia in posizione dominante oppure avviata già ad un lento declino?

Impossibile negare che ci sia un declino in atto in America, soprattutto osservando l’attuale amministrazione. Nessuna superpotenza può mantenere la sua posizione per sempre. Forse il segnale del declino è stato l’11 settembre, che io ho vissuto e che mi ha dato lo spunto per scrivere un libro sulla seconda guerra mondiale. Nessuno ha chiaro dove stiamo andando, ma per considerarci leader avremmo bisogno di una leadership forte, cosa impossibile con l’attuale presidente.

Lei è molto conosciuta per la sua competenza ed i suoi romanzi sulla tecnologia. Come mai ha deciso adesso di scrivere un romanzo storico in un momento quasi fantascientifico?

Prima di tutto perchè a me piace scrivere libri diversi, ed inoltre avevo da tempo l’esigenza di descrivere New York nel periodo bellico. E poi c’era l’acqua, questo elemento fortemente attraente. Magari qualcuno avrà provato un po’ di delusione, ma volevo tornare alla cara e sana letteratura tradizionale senza trucchi ed artifizi temporali che sconvolgessero la plausibilità della storia. Scrivere un dramma senza cadere nel melodramma è stato l’obiettivo.

Il romanzo è apparentemente classico. Io ho segnato una frase: “Mantenere l’apparenza importava quanto o di più di quello che c’era sotto. Le cose profonde potevano andare e venire ma ciò che emergeva in superficie sarebbe rimasto impresso nella memoria di tutti”. Questa frase non è esattamente il contrario di quello che lei, come autrice, voleva comunicare?

Ma non sono io ad aver pronunciato quella frase, bensì Dexter, che ha vissuto tutta la sua vita conformemente a quella affermazione. Lui è un tipo che giustifica tutto, anche l’omicidio, e questo è fuorviante ma è il suo carattere. Io credo che senza contrddizioni non avremmo senso, e le nostre caratteristiche peggiori sono spesso anche le migliori. L’espressione più interessante della letteratura è quando il lettore, ma anche, lo scrittore, riesce ad entrare nella mente dei personaggi. Questo lo permette solo la narrativa, non esiste alcuna altra forma artistica che lo permette. 


Buona Lettura :)

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